Intervista a Nicla Caradonna, Presidente di ANIT Federtraslochi – 17 dicembre 2024

Imprenditrice pugliese con quasi 30 anni di esperienza nel campo dei traslochi e della logistica, Nicla Caradonna è presidente di ANIT, confermata anche dopo l’unione con Federtraslochi a novembre di quest’anno. 

La vostra associazione si sta unendo con Federtraslochi. A che punto è questa unione?

È da gennaio che ANIT e Federtraslochi agiscono unitariamente in ANIT Federtraslochi. Il tempo per gli adempimenti è stato più lungo del previsto, ma all’inizio del 2025 l’associazione sarà costituita di diritto oltre che di fatto. Fino al congresso nazionale del mese scorso a Roma, ANIT Federtraslochi è stata gestita insieme dai presidenti delle due associazioni.

Al congresso l’assemblea unitaria ha eletto il direttivo che, come da statuto, ha a sua volta scelto il presidente. I colleghi del direttivo hanno indicato me all’unanimità per ribadire la continuità all’azione unitaria.

Quali sono le urgenze principali che devono essere risolte a livello politico e normativo per il vostro settore?

Essenzialmente la riconoscibilità giuridica del traslocatore, la detraibilità fiscale del trasloco, le procedure per l’occupazione del suolo pubblico, o Osp, per i traslochi. Per la prima, forti anche dell’introduzione delle figure professionali operanti nel trasloco nel nuovo CCNL della Logistica, stiamo cercando d’interloquire con il Governo per formulare delle ipotesi normative. Per la seconda, grazie anche a Federtrasporto che ci ha consentito un approccio con il ministro Giancarlo Giorgetti, ci stiamo confrontando con il Ministero dell’Economia e delle Finanze. La nostra proposta prevede di detrarre almeno la metà del costo del trasloco in dieci anni per un massimo di diecimila euro: vedremo cosa diranno i tecnici ministeriali. L’Osp per i traslochi riguarda le singole città. Ci sono quelle lungimiranti, come Torino e Milano, che si stanno dotando d’una piattaforma informatica dove chiedere il permesso, pagarne il costo e ottenerne il rilascio rapidamente: i tempi certi sono essenziali per la buona riuscita del nostro lavoro. Poi c’è Roma che è un caso limite perché il suo territorio è il più vasto d’Italia e la procedura è lenta, farraginosa, incerta. Ne scaturiscono ritardi nel rilascio dei permessi con danni al nostro lavoro e alla nostra reputazione, mancati introiti per il Comune a causa dell’abusivismo che beneficia degli scarsi controlli, vicende surreali come quell’azienda di traslochi multata dalla Polizia locale perché, in regola con i permessi, mancava d’un documento non necessario.

Il cambiamento del mercato delle case in affitto, in favore delle locazioni turistiche, ha modificato anche il volume di affari del vostro settore, soprattutto nelle grandi città?

In realtà, no. È vero che c’è stato un incremento delle locazioni turistiche. C’è però anche stata un’intensificazione di nuove costruzioni grazie al rinnovato impulso che ha caratterizzato il settore edilizio. Questa situazione ha grosso modo mantenuto in equilibrio il volume dei traslochi che quindi non ha risentito dei cambiamenti nel mercato degli affitti.

Quanto pensate sia diffuso l’abusivismo nei traslochi?

Non abbiamo dei dati percentuali perché il fenomeno è molto sfuggente. Abbiamo però il rimedio: perseguire la legalità nel settore. La riconoscibilità giuridica del traslocatore e la detraibilità fiscale del trasloco vanno appunto in questa direzione. Qualificano infatti il nostro lavoro e discriminano, nell’interesse dei clienti, tra aziende virtuose e aziende che non lo sono, costringendo queste ultime a mettersi in regola se vogliono stare sul mercato. La convenienza per il cliente di chiedere la fatturazione del servizio per ottenere la detrazione lo induce infatti a rivolgersi a un’azienda in regola fiscalmente e nell’inquadramento dei dipendenti. Anche procedure chiare ed efficienti per i permessi di Osp per i traslochi contribuiscono a marginalizzare l’abusivismo. In definitiva, nei traslochi l’abusivismo è largamente diffuso. Ma se lo Stato e le amministrazioni locali vogliono contrastarlo, le soluzioni ci sono.

Avete trovato aperture da parte dei comuni sulle tariffe di occupazione di suolo pubblico?

In realtà non è questo il vero problema dell’Osp per i traslochi, per cui non c’è una nostra richiesta al riguardo. Come ho detto, sono le procedure in alcune grandi città a essere inadeguate pregiudicando il nostro lavoro. C’è un’equazione empirica illuminante: procedure inadeguate = abusivismo. Occorre chiedersi: perché queste procedure restano tali anche dopo le nostre sollecitazioni a modificarle a vantaggio degli stessi comuni? La mia sensazione è che alcune amministrazioni comunali non vogliano affrontare e risolvere questo problema per ragioni strettamente localistiche. Torniamo a Roma che è paradigmatica in questo senso. Ad aprile l’Assemblea capitolina, approvando all’unanimità la mozione 285, prendeva atto del problema Osp per i traslochi. Il consigliere di maggioranza Andrea Alemanni, presidente della Commissione Commercio, che si era interessato insieme alla consigliera d’opposizione Francesca Barbato, s’impegnava a modificare il regolamento comunale inerente i permessi di Osp per i traslochi inserendo l’iscrizione all’Albo dei trasportatori come riferimento per i traslocatori, recependo così la nostra richiesta che avrebbe normalizzato la situazione. Nel concreto, del rilascio dei permessi di Osp avrebbe dovuto occuparsi la Polizia locale dei quindici municipi capitolini. Dovevamo risentirci con Alemanni a fine agosto e abbiamo sopportato fiduciosi, ancora una volta, la totale deregulation dell’estate romana con cartelli pubblicitari di abusivi affissi ovunque. Quando abbiamo ricontattato Alemanni, non c’è stato verso di parlare con lui: si è come volatilizzato. Eppure, con la situazione attuale, il Comune di Roma perde circa diciassette milioni di euro, secondo un dato pubblicato dai giornali, per mancati permessi di Osp per i traslochi, a tutto vantaggio degli abusivi. Il danno per i traslocatori onesti che intendono rimanere tali è una situazione di precarietà che, soprattutto presso i clienti stranieri, ci fa perdere di credibilità a causa dell’incertezza sui tempi per il servizio. Tutto questo è inaccettabile.

Intervista a cura di Giulia Riva (Ferpress)